L’economia della vite – intervento del dott. Alberto Pansecchi (Coldiretti, prov. Di Alessandria)

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Per riconoscere nel vino il «figlio» e l’«ambasciatore» di un territorio e il sano commensale della convivialità è utile riflettere sulle sue radici. E parlare di radici del vino può significare tante cose: sono radici quelle che permettono stabilità e nutrimento alla pianta e che spesso agevolano gli innesti, ma sono anche tali quelle che vincolano una vite (ed il vino che da essa si ricava) ad un luogo, ad una comunità di persone, alla storia economica di un territorio. A spiegarlo è stato il dott. Alberto Pansecchi (Coldiretti, Alessandria) in occasione della relazione tenuta il 24 Febbraio 2014 a conclusione del progetto “Economia della vite”, sviluppato dagli alunni delle classi prima e seconda media dell’Istituto Santa Caterina-Madri Pie di Ovada nelle lezioni di Scienze e Tecnologia. L’incontro, oltre a costituire un’occasione di verifica delle competenze acquisite dagli alunni al termine dell’esperienza didattica condotta in classe, è stato organizzato con l’intento di rafforzare il legame tra la scuola e il territorio e di approfondire la conoscenza di una delle sue più antiche basi economiche.

Dopo aver ricordato l’antichità della coltivazione della vite, che nel 1908, solo nella provincia di Alessandria, vantava ben 180.000 ettari di terra dedicata, il relatore ha guidato i ragazzi all’approfondimento di numerosi aspetti tecnici del tema (unità di misura dei terreni, sesto d’impianto, redditività possibile per ettaro, ciclo di vita stagionale, significati di molti termini e di diciture), ma soprattutto ha orientato l’attenzione sulla posizione e sul ruolo dell’uomo all’interno del ciclo di produzione e di consumo del vino. Nelle vesti di viticoltore, l’uomo opera le scelte tecniche e morali mirate alla produzione e alla raccolta dell’uva, compito non facile e delicatissimo, visto che minime differenze nella fase decisionale possono provocare grandi differenze nella quantità del raccolto, nella composizione dell’acino e nella qualità del vino prodotto. Ma è anche nelle vesti di consumatore, il ruolo che ciascuno di noi può assumere, che l’uomo può fare davvero la differenza, ad esempio nel trasformare il vino da alimento sano in veleno capace di aggredire i suoi organi, da piacere d’occasione in vizio, da mediatore di socialità in causa di emarginazione e di infelicità. La via da percorrere affinché prevalgano sempre le buone pratiche, può essere solo una: ricordare che ogni bottiglia di vino non è una bevanda da assumere per soddisfare la sete, ma un alimento che, con la propria irripetibile identità, permette di conoscere attraverso i sensi la cultura e il sistema di valori del territorio che lo ha prodotto. Certamente per queste ragioni il noto scrittore E. Hemingway affermava che «c’è più filosofia in una bottiglia di vino che in tutti i libri del mondo», confermando la strada indicata agli allievi dall’appassionato e competente relatore.

 


 

1. introduzione: la vite come coltivazione antica (già gli antichi Egizi la praticavano, come dimostrano le pitture rinvenute sulle pareti delle tombe), che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento rende la provincia di Alessandria la più vitata di tutta Italia (nel 1908 si contano 180.000 ettari di vigneti)

2. alcune indicazioni su unità di misura dei terreni e tecniche di calcolo sulla relazione: superficie coltivata-numero di viti coltivate-quantità di uva e di vino

3. principali fasi dello sviluppo stagionale della vite

3A. Chiarimenti su alcune diciture come: DOC, DOCG, IGP, IGT che garantiscono non la qualità ma il legame di un vino con il relativo territorio

4. riflessioni sulla relazione tra coltivazione della vite e cultura/economia di un territorio: immagine della bottiglia di vino avente radici inserite fermamente nel territorio; riferimento ad Ernest Hemingway: “C’è più filosofia in una bottiglia di vino che in tutti i libri del mondo”; racconto relativo alla bottiglia del 1896 trovata da un amico. Conclusione: il vino non è una bevanda; anche se è liquido come l’acqua o la gassosa, non può essere assunto con lo stesso atteggiamento e allo scopo di dissetarsi; il vino è un alimento e, come tale, ha radici ben ferme e profonde in un territorio e in una comunità di uomini e donne che, grazie alla conoscenza del luogo e attraverso scelte consapevoli, hanno portato avanti nel tempo una tradizione di coltivazione della vite e di produzione del vino che ha permesso loro di vivere per diverse generazioni e di essere conosciuti in altri territori per quel tipo di produzione.

5. vino e contraffazione: no al vino “liofilizzato” (riferimento ad un recente fatto di cronaca: in USA si tenta di produrre il Barolo con un kit, sciogliendo una polverina in acqua)

6. vino, socialità/convivialità e salute: il vino è un alimento sano che favorisce la socialità e la convivialità; è la dose in cui lo assumo che può fare la differenza; se questa è eccessiva, può trasformare il vino in veleno. È compito del singolo instaurare un rapporto corretto con il vino; se non assume il vino in modo responsabile l’uomo corre il rischio di diventare dipendente e di trasformare un fatto culturale e sociale in un vizio che lo condanna inesorabilmente alla malattia fisica e psichica e alla solutine.

 

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