Intervista alla prof. ssa Antonella Gorrino “Le nuove tecnologie nella didattica e nell’apprendimento”

Nel giro di un anno le nuove tecnologie hanno subito un incremento notevole nell’ambito della didattica e dell’apprendimento, sottoponendo docenti ed alunni ad un forzato aggiornamento.

Abbiamo intervistato la prof.ssa Antonella Gorrino, psicopedagogista, formatrice presso il rinomato centro psicopedagogico del Dottor Daniele Novara di Piacenza e docente di Scienze Umane presso l’istituto S. Caterina di Ovada.

La tecnologia può essere considerato un mezzo efficace per superare le barriere dell’isolamento dovuto all’emergenza o un eccesso di virtuale ha influito negativamente sulla socialità?

La DAD è stata indispensabile nel primo e nel secondo lockdown, in quanto ha permesso di mantenere un contatto tra i ragazzi e la scuola, ma il prolungamento di questa dimensione ha accelerato alcuni processi, già presenti nella nostra società. Vi è stata, inoltre, un’influenza negativa sugli studenti più fragili. Mi riferisco a quello che viene definita la “virtualizzazione delle relazioni”, intesa come tendenza ad instaurare relazioni attraverso un mezzo tecnologico, che, in età evolutiva incide profondamente nella struttura e nella organizzazione della mente.

In un recente articolo pubblicato sul primo numero del 2021 di Conflitti, la rivista di pedagogia del Centro, lei parla di D.A.D. e della webcam spenta”, può spiegare meglio?

Parlo della tendenza generalizzata, a livello nazionale, dei ragazzi a tenere la telecamera spenta e della gestione degli insegnanti rispetto a tale comportamento. Dietro al legittimo diritto di un adolescente ad essere trasgressivo e di contrastare l’autorità dell’adulto, anche attraverso la sfida delle telecamere spente, si sta mettendo in gioco qualche cosa di molto più importante che è la maturazione delle competenze relazionali. La scuola è quello spazio educativo, quell’esserci in cui si sperimenta il rapporto con l’altro, in cui si prova a stare dentro ai vari conflitti sia interpersonali che intrapersonali. Dopo il rilassamento estivo, gli studenti della scuola superiore di secondo grado si sono trovati in questa specie di limbo, che attualmente non procura più angoscia ma spaesamento e anche ripiegamento in una sorta di confort-zone che potrebbe diventare un’occasione per affermare e stabilizzare la tendenza alla virtualizzazione delle relazioni.

Come aiuta i suoi studenti a mantenere attivi i rapporti interpersonali e l’interesse per lo studio?

Per rispondere a questa domanda occorre premettere che la DAD non può sostituire la scuola in presenza ed è pericoloso pensare che in parte potrebbe farlo o impegnarsi nel migliorare l’offerta didattica tecnologica.  Il centro psicopedagogico di Piacenza sta tenendo vivo questo dibattito proprio per sollecitare l’impegno delle forze sociali e politiche in questa direzione. E’ ancora più grave pensare alle lezioni a distanza condotte con le telecamere spente. La scuola diventerebbe una sorta di canale televisivo, un rapporto unilaterale, dove c’è un emittente e uno spettatore che sta dall’altra parte con un metaforico telecomando in mano, può spegnere o cambiare canale quando vuole. Nell’articolo faccio riferimento ad una ricerca sui vissuti dei ragazzi che descrivono la scuola come il posto in cui si ascolta e che, pertanto, non è necessario vedersi. La scuola non è vista come luogo dove si “fa”, ma dove si “ascolta” in modalità sicuramente passiva. Il limite della lezione frontale e della spiegazione si accentua nella DAD. Occorre fare in modo che la didattica a distanza sia l’occasione per riflettere e per spingere i cambiamenti auspicati perché “cambiare la scuola si può”, a partire dalle telecamere accese per “guardarsi in faccia”. E’ importante coinvolgere il più possibile i ragazzi attivandoli attraverso situazioni-stimolo e portarli a porsi delle domande e a sperimentare.

E. S. (L’Ancora 21 febbraio 2021)

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